giovedì 31 luglio 2008

Parole e silenzio (parte 3)














Magritte, Questa non è una pipa

Affascinato, Pawel gli fece un cenno: "Continua".
"Una cosa non è detta in verità se non quando colui che la pronuncia è pronto a dare il proprio sangue in garanzia delle parole che gli escono dalla bocca o dalla penna. Non importa che il sangue venga versato in senso letterale, ma la volontà di versarlo è essenziale per l'autenticità. Nelle incertezze della vita, ci sarà richiesto o meno di dare il sangue; non spetta a noi decidere, ma sta a noi essere disposti a farlo".
"Dunque credi che le parole di un uomo dovrebbero essere sostenute dalla sua stessa vita".
"Sì, se si tratta di avere autorità. Ecco perchè dobbiamo avere cura delle nostre parole: una parola cambia l'esistenza. Dobbiamo proteggere la purità del linguaggio, perchè è questa a condurre il sacro dall'uno all'altro".
Pawel si accigliò e posò il suo libro sul tavolo: "Un vecchio pittore mi disse una volta una cosa del genere. Diceva che, se i simboli sono corrotti, i concetti sono corrotti, e così perdiamo la capacità di comprendere le cose per quello che sono; e allora diventiamo più vulnerabili alla deformazione delle nostre percezioni".
"E perciò delle nostre azioni" aggiunse enfaticamente David.



M. O'Brien, da Il Libraio




Stasera ho finito il libro. Non ci sono parole, si può solo leggerlo e commuoversi. Scrivendo qui l'ultima parte del discorso ( o meglio, il punto dove io ho deciso di concluderlo, è molto più lungo in verità) mi sono resa conto di quanto questo sia uno dei punti centrali, forse il punto nodale dell'intero romanzo. Incredibile, tu non lo sai, ma l'autore fa in modo di concentrare in quel punto una carica di attrattiva potente, come una calamita, e tu lettore capisci che quelle parole hanno ancora più peso di quaello che al momento percepisci, pur senza sapere perchè.

mercoledì 30 luglio 2008

Parole e silenzio (parte 2)

Pawel scosse il capo; le osservazioni del ragazzo si facevano oscure.
"Diciamo, Pan Tarnowski, che tu e io viviamo sui due lati d'una strada e che questa strada divida due mondi diversi che risultino incomprensibili l'uno all'altro. Diciamo che io ti porgo la chiave della mia porta e tu mi porgi la chiave della tua; apriamo le nostre porte ed occoci qua; stiamo gettando uno sguardo all'interno l'uno della casa dell'altro. Non è una benedizione?"
"Non c'è niente dentro di me che troveresti d' interessante".
"Questo non lo credo affatto".
"Perchè vorresti guardare?".
"Perchè l'uomo non è fatto per essere solo".
"Non siamo soli".
David abbassò lo sguardo. A bassa voce disse:" Uno può essere solo, anche in una casa piena di persone che parlano senza sosta".
"Rafforzi la mia tesi: non è necessario parlare".
"Ah, ma parlare è necessario. Non intendo il rumore della bocca, ma il parlare che scaturisce dal silenzio".
"Ora mi hai completamente perso. Cos'è che stai davvero cercando di dire?".
"Il vero parlare è vedere come se si fosse una cosa sola: l'unione del silenzio e l'unione delle parole vere che da questo scaturiscono. Tale unione espande lo sguardo".

M. O'Brien, da Il libraio

martedì 29 luglio 2008

Parole e silenzio


















Muro che separava il ghetto di Varsavia dal resto della città.

"Che cos'è, dunque, il silenzio?".
"é una cosa che c'è".
"Che c'è? ti riferisci alla filosofia?".
"Sì, e di pù. Il linguaggio parlato e il silenzio sono chiavi".
"Chiavi per che cosa?".
"Verso la comunione".
"Per favore, non dirmi che sei un buddista, David Schafer" fece Pawel, nella speranza che tale brusca battuta avrebbe posto fine all'interruzione della sua lettura.
"No, che non lo sono" rispose il ragazzo con tono offeso. "Sono un uomo. Questo è comune a tutti gli uomini".
"In che modo?".
"Quando un uomo ti porge una chiave, questa possiede un certo significato. Una parola è una chiave, una parola è un'azione. Sottraile l'azione, e non viene espresso il significato. Per di più, ogni uomo è una parola. Così come tu sei una parola per me".
"In che modo sono una parola per te?".
"Questo non lo capisco del tutto. Ma, nella sua accezione più comune, tu pronunci una parola di protezione: mi nascondi, mi nutri. Questa è la tua parte del dialogo".
"Non è davvero un dialogo. Lo faccio perchè è la cosa giusta da fare".
"Ma la cosa giusta da fare è pronunciare una parola, e spostare, di poco, la bilancia del mondo".
"Forse attribuisci troppo significato a quelle che sono azioni normali".
"La nostra vita qui è cosa normale?".
Pawel vi riflettè su prima di rispondere. "Suppongo di no, ma è il mondo intero ad essere in tumulto. Di questi tempi niente è normale".
"Credo che non ci sia niente di normale in qualsiasi tempo".

M. O'Brien, da Il Libraio






Ho comprato ieri il suo nuovo libro, da poco uscito, e me lo sto divorando. Questa è la prima parte di un lungo dialogo tra i due protagonisti (un libraio polacco e un giovane ebreo nella varsavia del 1942) sulla natura del linguaggio e del silenzio. Lo posterò tutto a puntate perchè è straordinario! In realtà l'intero libro è straordinario, mi sa che ne attingerò a piene mani.

lunedì 28 luglio 2008

Темная ночь

Темная ночь, только пули свистят по степи,
Только ветер гудит в проводах, тускло звезды мерцают.
В темную ночь ты, любимая, знаю, не спишь,
И у детской кроватки тайком ты слезу утираешь.

Как я люблю глубину твоих ласковых глаз,
Как я хочу к ним прижаться сейчас губами!
Темная ночь разделяет, любимая, нас,
И тревожная, черная степь пролегла между нами.

Верю в тебя, в дорогую подругу мою,
Эта вера от пули меня темной ночью хранила.
Радостно мне, я спокоен в смертельном бою,
Знаю встретишь с любовью меня, что б со мной ни случилось.

Смерть не страшна, с ней не раз мы встречались в степи.
Вот и теперь надо мною она кружится.
Ты меня ждешь и у детской кроватки не спишь,
И поэтому знаю: со мной ничего не случится!


Temnaja noch'

Temnaja noch', tol'ko puli svistjat po stepi,
Tol'ko veter gudit v provodach, tusklo zvezdi merzajut.
V temnuju noch' tij, liubimaja, znaju, ne spish',
I u detskoj krovatki tajkom tij slezu utiraesh'.

Kak ja ljublju glubinu tvoich laskovich glaz,
Kak ja chochu k nim prizat'sja sejchas gubami,
Temnaja noch' razdeljaet, liubimaja, nas,
I trevoznaja, cernaja step' prolegla mezhdu nami.

Verju v tebja, doroguju podrugu moju,
Eta vera ot puli menja temnoj noch'ju chranila.
Radostno mne, ja spokoen v smertel'nom boju,
Znaju, vstretish' s ljubov'ju menja, schto b so mnoj ni sluchilos'.

Smert' ne strashna, s nej ne raz mi vstrechalis' v stepi,
Vot i teper nado mnoju ona kruzitsja .
Tij menja zdesh' i u detskojj krovatki ne spish',
I poetomu, znaju, so mnoj nicevo ne slucitsja.


Notte scura
Notte scura, solo le pallottole fischiano nella steppa, solo il vento ulula attravrso le fosse, le stelle brillanti sono sbiadite. Nella notte scura, tu, mia amata, so che non dormi e stando accanto al letto dei bambini ti asciugherai le lacrime.Come amo la profondità dei tuoi occhi affabili, come vorrei stringermi ora alle tue labbra. La notte scura ci divide, mia amata, e la steppa inquietante e nera si stende tra di noi. Ho fiducia in te, cara amica mia. Questa certezza mi ha risparmiato dagli spari e dall'oscurità della notte. Fortunato me, mi sento sereno anche in questa battaglia mortale, so che ci incontreremo, che non mi sarà accaduto nulla di male. La morte non mi fa paura, non l'abbiamo ancora incontrata nella steppa, e si allontanerà da me. Tu mi aspetti e non dormi stando accanto al letto dei bambini, e per questo so che non mi accadrà nulla.

(Questo bellissimo canto russo l'ho imparato quest'anno sentendolo cantare da un'amica. Ho corretto un pò la traduzione del nostro libretto, dovrebbe essere piuttosto affidabile.)

domenica 27 luglio 2008


















I dieci lebbrosi, mosaico, Monreale

Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!»
Luca 17, 11-19.



Diceva sant'Agostino: "Si sente attratto da Cristo l'uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo". Io capisco se ho questo desiderio della verità se quando incontro Cristo mi sento attratto tutto da Lui. E in cosa mi sento attratto? Dal fatto che non mi basta la guarigione! Perchè della guarigione senza di Lui che me ne importa? Questo è il nostro dramma, come quello dei lebbrosi: soltanto uno ha sentito l'urgenza, il bisogno di tornare, ha capito la portata di quello che era successo, ha capito che la cosa più importante non era la guarigione, ma che attraverso la guarigione si era reso presente Lui, non gli bastava essere guarito, ma aveva bisogno di Lui.

Carron, dal libretto degli esercizi della Fraternità di CL, Rimini 2008

sabato 26 luglio 2008

Pontresina 2008

è la grande, reale alternativa: o il niente in cui tutto va a finire- il niente di ciò che ami, il niente di ciò che stimi, il niente di te stesso e degli amici, il niente del cielo e della terra, iln niente, tutto è niente perchè tutto va a finire in cenere- oppure quell'uomo lì ha ragione, è quello che dice di essere.
Don Gius, da Si può vivere così?



Oggi pomeriggio sono tornata dalla vacanza del CLU, una settimana di intensità e bellezza nonostante la mia stanchezza e la fatica, la resistenza a riconoscere Colui che era all'opera tra noi. Abbiamo lavorato sul libretto degli esercizi della Fraternità, in cui è citata anche questa frase che è stata uno dei motivi portanti di tutta la settimana. Man mano metterò altre frasi che mi hanno colpito, del libretto, della testimonianza o di interventi, e anche dei canti, per non perdere quella Bellezza.

venerdì 18 luglio 2008













«Peppone si seccò e andò a piantarsi a gambe larghe davanti a don Camillo: “Si può sapere che cosa volete da noi? Veniamo forse noi da voi?”. “E cosa c’entra? Anche se voi non venite in chiesa Dio esiste sempre e vi aspetta”. Lo Smilzo intervenne: “Il reverendo ha forse dimenticato che noi siamo scomunicati?”. “È una questione di secondaria importanza – replicò don Camillo –. Anche se siete stati scomunicati, Dio continua ad esistere e continua ad aspettarvi. Scusate tanto: io non sono iscritto al vostro partito, non pratico la Casa del Popolo e sono considerato un nemico del vostro partito. Per questi fatti potrei forse asserire che Stalin non esiste?”. “Stalin c’è, e come! E vi aspetta al varco!” urlò Peppone. Don Camillo sorrise: “Non lo metto in dubbio e non l’ho mai messo in dubbio. E se io ammetto che Stalin esiste e mi aspetta, perché tu non vuoi ammettere che Dio esiste e ti aspetta? Non è la stessa cosa?”. Peppone rimase molto colpito da questo elementare ragionamento. Ma lo Smilzo intervenne: “La sola differenza è che, mentre il vostro Dio nessuno lo ha mai visto, Stalin lo si può vedere e toccare. E se anche io non l’ho visto e toccato si può vedere e toccare quello che Stalin ha creato: il Comunismo!”. Don Camillo allargò le braccia: “E il mondo sul quale viviamo io, te e Stalin non è forse una cosa che si vede e si tocca?”.»

Guareschi

Questa frase l'ha citata Carron agli esercizi degli adulti, l'ho trovata appunto sul libretto su cui lavoreremo anche noi tra pochi giorni, in vacanzina!Grazie a: http://factum.splinder.com/
(dove ho trovato la frase senza neanche la fatica di ricopiarla!)


mercoledì 16 luglio 2008














Le mie amiche Ele, Cri e Chiara sorridenti!

"Quando si è visto una volta sola lo splendore della felicità sul viso di una persona che si ama, si sa che per l'uomo non ci può essere altra vocazione che suscitare questa luce sui visi che lo circondano."


Albert Camus, da Taccuini


Grazie a: Mararà


martedì 15 luglio 2008

A galla













Chiari mattini,
quando l'azzurro è inganno che non illude,
crescere immenso di vita,
fiumana che non ha ripe né sfocio
e va per sempre,
e sta - infinitamente.

Sono allora i rumori delle strade
l'incrinatura nel vetro
o la pietra che cade
nello specchio del lago e lo corrùga.
E il vocìo dei ragazzi
e il chiacchiericcio liquido dei passeri
che tra le gronde svolano
sono tralicci d'oro
su un fondo vivo di cobalto,
effimeri...

Ecco, è perduto nella rete di echi,
nel soffio di pruina
che discende sugli alberi sfoltiti
e ne deriva un murmure
d'irrequieta marina,
tu quasi vorresti, e ne tremi,
intento cuore disfarti,
non pulsar più! Ma sempre che lo invochi,
più netto batti come
orologio traudito in una stanza
d'albergo al primo rompere dell'aurora.
E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c'è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,

e che il cammino è sempre da ricominciare.




Eugenio Montale, Poesie disperse



Ieri sera abbiamo festeggiato la Cri, anche se in ritardo, e cercando una bella frase da mettere sul biglietto ho trovato questa bella poesia che non conoscevo! alla fine ho scelto di mettere proprio questa, mi sembrava un bell'augurio!

domenica 13 luglio 2008

Falling Slowly


















I don't know you
But I want you
All the more for that
Words fall through me
And always fool me
And I can't react
And games that never amount
To more than they're meant
Will play themselves out

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You've made it now

Falling slowly, eyes that know me
And I can't go back
Moods that take me and erase me
And I'm painted black
You have suffered enough
And warred with yourself
It's time that you won

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you had a choice
You've made it now

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you had a choice
You've made it now
Falling slowly sing your melody
I'll sing along.



Glen Hansard/Marketa Irglova

Questa è la canzone prncipale del film Once, che ho visto ieri sera, veramente imperdibile! e anche la colonna sonora è clamorosa... a breve posterò anche la traduzione, quelle che ho trovato su internet non sono gran che, dovrò farla io!

Qui la recensione del film, dall'ottimo sito di Sentieri del cinema:
Qui il video di Falling Slowly con scene del film:

giovedì 10 luglio 2008

Rossa Sera

Rossa sera, Belo Horizonte,
i miei occhi mai t’han guardato,
ma il mio cuore t’ho regalato
per gli amici che ci han lasciato.

Rosse labbra della tua amata
o fratello perché hai lasciato?
Lunghe ciglia della tua amata,
bianche lacrime che han bagnato.

“Rosse labbra della mia amata
in Brasile con me ho portato,
di quel rosso ne ho colorato
bianche labbra di non amato.

”Rossi abeti di Lombardia,
rossi frutti delle vallate,
terra nostra dimenticata:
anche questa hai abbandonata.

“Rossi abeti di Lombardia,
rossi frutti delle vallate
in Brasile con me ho portato,
terra rossa ne ho seminato.”

Rossa valle di quel mattino:
Gesù Cristo ci ha giudicato.
O fratello, ti ho ritrovato,
terra rossa t’ha impolverato.

Rossa sera, Belo Horizonte,
i miei occhi mai t’han guardato,
ma il mio cuore t’ho regalato
per gli amici che ci han lasciato.

Robi Ronza, canto per i primi di gs partiti per la missione in Brasile


Non ho mai amato particolarmente questo canto, anche perchè la melodia è assolutamente noiosa, e poi non ho mai compreso a fondo le parole. Fino ad oggi, quando Mascio ce l'ha spiegato prima di cantarlo alla scuola, facendo riferimento proprio alle parole del Gius.

"Possedere vuol dire entrare in rapporto a livello dell'essere con un'altra cosa. La libertà è aderire alla realtà... La ragione è aderire alla realtà; aderire alla realtà vuol dire affermarla: è l'inizio del possederla... è un'altra modalità di rapporto, ma è possesso: che sia possesso l'affermazione della realtà è indicato dal fatto che tu affermi e spieghi che cosa sia quella realtà, la capisci, ne puoi usare secondo la sua capacità di rendimento, e, se è una persona, la ami (per questo l'amore è libero, più grande, più profondo del tempo e dello spazio, cioè del rapporto fisico che si possa avere). Non è padronanza il rapporto fisico: non puoi penetrare una persona fino alla radice dell'anima, mentre se la guardi o la pensi quando è lontana, la possiedi fino alla radice dell'anima."

Don Gius, da "Si può vivere così", p.120,121

lunedì 7 luglio 2008


















Duomo di Milano

The soul of Man must quicken to creation.
Out of the formless stone, when the artist united himself with stone.
Spring always new forms of life, from the soul of man that is joined to the soul of stone;
Out of the meaningless practical shapes of all that is living or lifeless
Joined with the artist's eye, new life, new form, new colour.
Out of the sea of sound the life of music,
Out of the slimy mud of words, out of the sleet and hail of verbal imprecisions,
Approximate thoughts and feelings, words that have taken the place of thoughts and feelings,
There spring the perfect order of speech, and the beauty of incantation.



T.S.Eliot, da Choruses from "The Rocks"



L'anima dell'Uomo deve affrettarsi alla creazione.
Dalla pietra informe, quando l'artista si unì alla pietra,
Sorgono sempre forme di vita nuove, dall'anima dell'uomo congiunta all'anima della pietra;
Dalle forme pratiche e prive di significato di tutto ciò che vive o è senza vita
Congiunto all'occhio dell'artista, sorge una nuova vita, una nuova forma, un nuovo colore.
Dal mare del suono la vita della musica,
Dalla fanghiglia delle parole, dal nevischio e dalla grandine delle imprecisioni verbali,
Dei pensieri e dei sentimenti approssimativi, delle parole che hanno sostiuito i pensieri e i sentimenti,
Sorge l'odine perfetto del discorso, e la bellezza dell'incanto.

domenica 6 luglio 2008

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero.
Mt., 11, 28-30
(In questi giorni ero particolarmente affatica e oppressa da diverse cose, e oggi a messa che Vangelo sento?? )

giovedì 3 luglio 2008


















Con l'acqua del ruscello Galadriel riempì la vasca sino all'orlo, e vi soffiò, e quando l'acqua fu nuovamente calma, disse: "Questo è lo specchio di Galadriel. Vi ho portati qui affinché possiate guardarvi, se lo desiderate."
L'aria era molto tranquilla, e la conca molto oscura e la Dama Elfica accanto a lui era alta e pallida. "Che cosa dobbiamo cercare, e che cosa vedremo?", domandò Frondo pieno di meraviglia.
" Molte cose comando allo Specchio di rivelare" rispose ella, " e ad alcuni posso mostrare ciò che desiderano vedere. Ma lo Specchio può anche spontaneamente mostrare delle immagini, che sono spesso più strane e utili di quelle che noi stessi desideriamo vedere. Non vi so dire quel che potrete mirare, lasciando lo Specchio libero di creare. Esso infatti mostra cose che furono, e cose che sono, e cose che ancora devono essere. Ma quali fra queste egli stia vedendo, nemmeno il più saggio può sapere. Desideri guardare?"

Tolkien, da Il Signore degli anelli, "La compagnia dall'anello", cap. VII

martedì 1 luglio 2008















Manet, Alla ferrovia

Dovremmo di nuovo guardare il verde, e ancora una volta dovrebbero farci trasalire (senza accecarci) il blu, il giallo e il rosso. Dovremmo incontrare il centauro e il drago, e quindi forse scorgere improvvisamente, come gli antihci pastori, pecore, e cani, e cavalli- e lupi. Questa riscoperta, le favole ci aiutano a farla. Soltanto in tal senso la propensione per essere può renderci, o mantenerci, infantili.
La Riscoperta (che comprende un ritorno alla salute e il suo rinnovamento) è un ri-acquisto, il riacquisto di una chiara visione. Non dico che si tratti di “vedere le cose come sono”, e non mi mescolo coi filosofi, anche se potrei azzardarmi a dire di “vedere le cose come noi siamo (o eravamo) destinati a vederle”, quali cose distinte da noi. Abbiamo bisogno, in ogni caso, di pulire le nostre finestre, cosicché le cose viste con chiarezza possano essere liberate dal grigio offuscamento della banalità e della familiarità – liberate dalla possessività. Di tutti i volti, quelli dei nostri familiares, sono insieme quelli con cui è più difficile fare giochi con la fantasia, e quelli che è più difficile vedere con fresca attenzione, percependo la loro somiglianza e la loro differenza: il fatto che sono dei volti, e tuttavia dei volti unici. Questa banalità è in realtà la pena che si sconta per l’ “appropriazione”: le cose che sono trite, o (in senso cattivo) familiari, sono le cose di cui ci siamo appropriati, legalmente o mentalmente. Diciamo di conoscerle. Sono divenute come le cose che un tempo ci hanno attratto con il loro splendore, il loro colore o la loro forma: ci abbiamo messo sopra le mani, e le abbiamo rinchiuse col nostro tesoro, le abbiamo fatte nostre, e facendole nostre abbiamo smesso di guardarle. Naturalmente le fiabe non sono il solo mezzo di riscoperta, la sola profilassi contro la perdita. Basta l’umiltà.


J.R.R.Tolkien, in Sulle fiabe