mercoledì 20 novembre 2013

creazione e visione



"Creare è la peculiarità dell'artista; dove non c'è creazione, l'arte non esiste. Ma sarebbe sbagliato attribuire questo potere creativo a un dono innato. In materia d'arte, l'autentico creatore non è solo un essere dotato, è un uomo che ha saputo ordinare in vista del loro fine tutto un fascio di attività, da cui risulta l'opera d'arte. Così, per un artista la creazione comincia dalla visione. Vedere è già un'operazione creativa, ed esige uno sforzo. Tutto quello che vediamo, nella vita di tutti i giorni, subisce più o meno la deformazione generata dale abitudini acquisite [...] Lo sforzo necessario per liberarsene esige una sorta di coraggio; questo coraggio è indispensabile all'artista che deve vedere tutte le cose come se le vedesse per la prima volta: occorre vedere tutta la vita come quando si era bambini"

H. Matisse, da Scritti e pensieri sull'arte

mercoledì 13 novembre 2013

Essere e esseri




A proposito di M. Non mi rifiuto di andare verso l’Essere, ma non accetto una strada che si allontani dagli esseri. Sapere se si può trovare Dio al termine delle proprie passioni. 

A. Camus, da I taccuini 1935-1942

domenica 3 novembre 2013

Notizie dall'Amiata

Il fuoco d'artifizio del maltempo 
sarà murmure d'arnie a tarda sera. 
La stanza ha travature 
tarlate ed un sentore di meloni 
penetra dall'assito. Le fumate 
morbide che risalgono la valle 
d'elfi e di funghi fino al cono diafano 
della cima m'intorbidano i vetri, 
e ti scrivo da qui, da questo tavolo 
remoto, dalla cellula di miele 
di una sfera lanciata nello spazio 
e le gabbie coperte, il focolare 
dove i marroni esplodono, le vene 
di salnitro e di muffa sono il quadro 
dove tra poco romperai. La vita 
che t'affabula è ancora troppo breve 
se ti contiene! Schiude la tua icona 
il fondo luminoso. Fuori piove. 


E tu seguissi le fragili architetture 
annerite dal tempo e dal carbone, 
i cortili quadrati che hanno nel mezzo 
il pozzo profondissimo; tu seguissi 
il volo infagottato degli uccelli 
notturni e in fondo al borro l'allucciolio 
della galassia, la fascia d'ogni tormento. 
Ma il passo che risuona a lungo nell'oscuro 
è di chi va solitario e altro non vede 
che questo cadere di archi, di ombre e di pieghe. 
Le stelle hanno trapunti troppo sottili, 
l'occhio del campanile è fermo sulle due ore, 
i rampicanti anch'essi sono un'ascesa 
di tenebre ed il loro profumo duole amaro. 
Ritorna domani più freddo, vento del nord, 
spezza le antiche mani dell'arenaria, 
sconvolge i libri d'ore nei solai, 
e tutto sia lente tranquilla, dominio, prigione 
del senso che non dispera! Ritorna più forte 
vento di settentrione che rendi care 
le catene e suggelli le spore del possibile! 
Son troppo strette le strade, gli asini neri 
che zoccolano in fila danno scintille, 
dal picco nascosto rispondono vampate di magnesio.

Oh il gocciolìo che scende a rilento
 dalle casipole buie, il tempo fatto acqua,
 il lungo colloquio coi poveri morti, la cenere, il vento,
 il vento che tarda, la morte, la morte che vive!

Questa rissa cristiana che non ha 
se non parole d'ombra e di lamento 
che ti porta di me? Meno di quanto 
t'ha rapito la gora che s'interra 
dolce nella sua chiusa di cemento. 
Una ruota di mola, un vecchio tronco, 
confini ultimi al mondo. Si disfà 
un cumulo di strame: e tardi usciti 
a unire la mia veglia al tuo profondo 
sonno che li riceve, i porcospini 
s'abbeverano ad un filo di pietà.


Eugenio Montale