sabato 3 gennaio 2009



















Chartres, particolare della decorazione di un portale

"Secondo un’antica leggenda, la cattedrale di Chartres fu colpita dal fulmine e interamente bruciata. Migliaia di persone giunsero allora da tutte le parti della terra, come una gigantesca processione di formiche; e tutti insieme – architetti, artisti, operai, contadini, nobili, preti, borghesi – si misero a ricostruire la cattedrale dov’era prima, e lavorarono finché la costruzione non fu ultimata. Ma tutti rimasero anonimi, e oggi nessuno sa chi costruì la cattedrale di Chartres.
A parte le mie credenze e i miei dubbi personali, che a questo proposito sono irrilevanti, è mia opinione che l’arte perse il suo impulso creativo fondamentale al momento in cui fu separata dalla fede. Fu il taglio del cordone ombelicale, ed oggi essa vive la sua sterile vita, generandosi e degenerandosi. In altri tempi l’artista rimaneva sconosciuto, e la sua opera era dedicata alla gloria di Dio. Egli viveva e moriva senza essere né più né meno importante di altri artigiani; “valori eterni”, “immortalità”, “capolavoro” erano termini non applicabili al suo caso. La capacità di creare era un dono. In un mondo come quello fioriva una sicurezza invulnerabile e una naturale umiltà.
Oggi l’individuo è divenuto la forma più alta e la più grande rovina della creazione artistica. La più piccola offesa o il più piccolo odore dell’io vengono esaminati al microscopio come se fossero di un’importanza eterna. L’artista considera il suo isolamento, la sua soggettività, il suo individualismo, come cose quasi sacre. E così finiamo per ammassarci in un grande ovile, dove ce ne stiamo a belare sulla nostra solitudine, senza ascoltarci l’un l’altro, e senza renderci conto di soffocarci a vicenda. Gli individualisti si guardano negli occhi tra loro, e intanto negano la loro reciproca esistenza. Ci muoviamo in circolo, limitati a tal punto dalle nostre ansietà che non riusciamo più a distinguere il vero dal falso, il capriccio del gangster dal più puro ideale.
Così, se mi si chiede quale vorrei che fosse il fine generale dei miei film, risponderei che vorrei essere uno degli artisti della cattedrale di Chartres. Voglio trarre dalla pietra la testa di un drago, di un angelo, di un diavolo – o magari di un santo. Non importa che cosa; è il senso di soddisfazione che conta. Indipendentemente dal fatto che io creda o no, che io sia o no un cristiano, farei la mia parte nella costruzione collettiva della cattedrale".


Ingmar Bergman

3 commenti:

maria stella ha detto...

Bello!!! Da dove è tratto? Avevo sentito alla SdC di Vitadini la ragazza della Bocconi che aveva fatto la tesi di laurea sui fondi che aveva raccolto il Duomo di Milano per la sua costruzione: dalle prostitute alla vecchina senza soldi. E' un po' come Chartres e adesso che i lavori di pulizia esterna sono finiti è davvero splendido! Ciao e buon anno!

annina ha detto...

e ci ha preso in pieno! infatti il sito da cui l'ho tratta fa questo parallelo col duomo...però parla di un libro! non sapevo ci fosse anche una tesi di laurea...cmq ho scoperto questo intervento di Bergman perchè il libro di Palmieri che sto leggendo ne cita un pezzo, e mi è venuta la curiosità di cercarlo perchè mi aveva colpito molto.

merins ha detto...

mi piace ripensare all'Annuncio a Maria di Claudel ... noi siamo le pietre vive della cattedrale
:)