domenica 23 novembre 2008














Letizia Fornasieri, Cucina di casa Lamberti

(...) Il libro "Robinson Crusoe" (...) deve la sua perenne vitalità al fatto che esso celebra la poesia dei limiti o meglio ancora il romanzo stravagante della prudenza. Crusoe è un uomo sopra un piccolo scoglio con poca roba strappata al mare: la parte più bella del libro è la lista degli oggetti salvati dal naufragio. La più grande poesia è un inventario. Ogni utensile da cucina diviene ideale perché Crusoe avrebbe potuto lasciarlo cadere nel mare. E' un buon esercizio nelle ore vuote o cattive del giorno stare a guardare qualche cosa, il secchio del carbone o la cassetta dei libri, e pensare quanta sarebbe stata la felicità d'averlo salvato e portato fuori del vascello sommerso sull'isolotto solitario. Ma un migliore esercizio ancora è quello di rammentare come tutte le cose sono sfuggite per un capello alla perdizione: tutto è stato salvato da un naufragio. Ogni uomo ha avuto una orribile avventura: è sfuggito alla sorte di essere un parto misterioso e prematuro come quegli infanti che non vedono la luce. Sentivo parlare, quand'ero ragazzo, di uomini di genio rientrati o mancati; sentivo spesso ripetere che più d'uno era un grande "Avrebbe-potuto-essere". Per me, un fatto più solido e sensazionale è che il primo che passa è un grande "Avrebbe-potuto-non-essere".


G. K. Chesterton, da Ortodossia

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