lunedì 22 dicembre 2014
Perché?
Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso
Negli incastri fangosi dei sassi
come un'erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce
Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell'improvvisa strada
di guerra
Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato
Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione
Guardo l'orizzonte
che si vaiola di crateri
Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi
Reggo il mio cuore
che s'incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo
Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere
Ungaretti, da L'Allegria-Il porto sepolto
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Uomo
domenica 9 novembre 2014
In giorni come questi, spesso
la tetraggine m’assale
e il vivere d’ora in ora
mi tortura. Ma arrivi tu
che sconfiggi la noia
coi tuoi discorsi variopinti.
Anche oggi cercheremo una breccia.
Una parola che ci possa salvare
e che ci tenga in bilico
sul confine ideale tra realtà
e fantasia potrà, anche
se per poco, cangiare l’esistenza.
la tetraggine m’assale
e il vivere d’ora in ora
mi tortura. Ma arrivi tu
che sconfiggi la noia
coi tuoi discorsi variopinti.
Anche oggi cercheremo una breccia.
Una parola che ci possa salvare
e che ci tenga in bilico
sul confine ideale tra realtà
e fantasia potrà, anche
se per poco, cangiare l’esistenza.
E. Montale, da Diario postumo
venerdì 3 ottobre 2014
Abendphantasie
Vor seiner Hütte ruhig im Schatten sizt
Der Pflüger, dem Genügsamen raucht sein Herd.
Gastfreundlich tönt dem Wanderer im
Friedlichen Dorfe die Abendglocke.
Der Pflüger, dem Genügsamen raucht sein Herd.
Gastfreundlich tönt dem Wanderer im
Friedlichen Dorfe die Abendglocke.
5
Wohl kehren izt die Schiffer zum Hafen auch,
In fernen Städten, fröhlich verrauscht des Markts
Geschäft’ger Lärm; in stiller Laube
Glänzt das gesellige Mahl den Freunden.
Wohin denn ich? Es leben die Sterblichen
Geschäft’ger Lärm; in stiller Laube
Glänzt das gesellige Mahl den Freunden.
Wohin denn ich? Es leben die Sterblichen
10
Von Lohn und Arbeit; wechselnd in Müh’ und Ruh’
Ist alles freudig; warum schläft denn
Nimmer nur mir in der Brust der Stachel?
Am Abendhimmel blühet ein Frühling auf;
Unzählig blühen die Rosen und ruhig scheint
Nimmer nur mir in der Brust der Stachel?
Am Abendhimmel blühet ein Frühling auf;
Unzählig blühen die Rosen und ruhig scheint
15
Die goldne Welt; o dorthin nimmt mich,
Purpurne Wolken! und möge droben
In Licht und Luft zerrinnen mir Lieb’ und Leid! –
Doch, wie verscheucht von thöriger Bitte, flieht
Der Zauber; dunkel wirds und einsam
In Licht und Luft zerrinnen mir Lieb’ und Leid! –
Doch, wie verscheucht von thöriger Bitte, flieht
Der Zauber; dunkel wirds und einsam
20
Unter dem Himmel, wie immer, bin ich –Komm du nun, sanfter Schlummer! zu viel begehrt
Das Herz; doch endlich, Jugend! verglühst du ja,
Du ruhelose, träumerische!
Friedlich und heiter ist dann das Alter.
F. Hölderlin
mercoledì 3 settembre 2014
Risposta e domanda
Chicago
"Anche le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l'una né l'altro bastano a tener su le loro mura. D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge".
I.Calvino, da Le città invisibili
lunedì 18 agosto 2014
Finito/Infinito
Marc Chagall, Abramo e i tre angeli
"Perché un uomo possa vivere, egli deve o non vedere l'infinito oppure avere una spiegazione del senso della vita tale per cui il finito venga eguagliato all'infinito"
L. Tolstoj, da Confessione
martedì 29 luglio 2014
Preferire (dopo due settimane di vacanza in America)
Chicago, vista dal Museum Campus
Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne riparleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.
D. Pennac, da Come un romanzo
(Grazie a G.N. per la citazione)
lunedì 23 giugno 2014
Carcer ove si ven per strade aperte
In quel loco e 'n quel tempo et in quell'ora
che più largo tributo agli occhi chiede,
triunfar volse que' che 'l vulgo adora:
e vidi a qual servaggio et a qual morte,
a quale strazio va chi s'innamora.
Errori e sogni et imagini smorte
eran d'intorno a l'arco triunfale,
e false opinïoni in su le porte,
e lubrico sperar su per le scale,
e dannoso guadagno, ed util danno,
e gradi ove più scende chi più sale;
stanco riposo e riposato affanno,
chiaro disnore e gloria oscura e nigra,
perfida lealtate e fido inganno,
sollicito furor e ragion pigra:
carcer ove si ven per strade aperte,
onde per strette a gran pena si migra;
ratte scese a l'entrare, a l'uscir erte;
dentro, confusïon turbida e mischia
di certe doglie e d'allegrezze incerte.
Non bollì mai Vulcan, Lipari od Ischia,
Strongoli o Mongibello in tanta rabbia:
poco ama sé chi 'n tal gioco s'arrischia.
F. Petrarca, Trionfo d'Amore IV, da I Trionfi
lunedì 2 giugno 2014
Ragionando con meco, et io co'llui.
Provenza, 3/5/2014
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co’llui.
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l’arena stampi.
Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d’alegrezza spenti
di fuor si legge com’io dentro avampi:
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch’è celata altrui.
Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co’llui.
F. Petrarca, Rerum Vulgarium Fragmenta, XXXV
lunedì 26 maggio 2014
Mentre vorremmo intenerire le stelle
"Nessuno, mai, riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle."
G.Flaubert
mercoledì 14 maggio 2014
Alla scoperta di Sinjavskij
Un tempo l'uomo nella sua cerchia familiare era legato alla vita universale -storica e cosmica -in un modo assai più ampio e saldo d'oggi. Pur avendo a disposizione giornali, musei, radio, comunicazioni aeree, noi avvertiamo appena questo fondo comune, non ne siamo molto compenetrati, ci pensiamo poco. Con stivaletti di fabbricazione cecoslovacca, sigaretta messicana fra i denti, l'uomo d'oggi scorre la notizia dell'apparizione di un nuovo stato in Africa con la stessa facilità con cui assaggia un brodo di carne francese. Tutto questo contatto esteriore, fittizio, reca un carattere d'informazione casuale, scucita: «nell'orto c'è un sorbo, mentre a Kiev c'è chi si incarica della nostra educazione ». Che a Kiev ci sia un uomo simile, lo veniamo a sapere parecchie volte al giorno, senza attribuire a un fatto del genere un particolare significato. La quantità delle nostre nozioni e informazioni è enorme, ne siamo sovraccarichi, senza che esse cambino qualitativamente. In pochi giorni possiamo fare il giro del pianeta -prendere un aereo e viaggiare senza profitto spirituale, allargando soltanto il nostro raggio informativo.
Confrontiamo adesso questi pretesi orizzonti con lo stile di vita dell'antico contadino, che non si spingeva mai al di là del suo praticello e camminava tutta una vita nelle tradizionali ciabatte, fatte a casa. Il suo orizzonte a noi pare ristretto; ma, in verità, com'era grande questa serrata compagine, concentrata in un solo villaggio. Persino il monotono rituale del pasto (in confronto col brodo francese o il rum di Giamaica) faceva parte di una cerchia di nozioni dal significato universale. Osservando il digiuno e le feste, l'uomo viveva secondo il calendario di una storia comune che cominciava da Adamo e finiva col Giudizio Universale. Per questo, fra l'altro, un qualsiasi settario semianalfabeta poteva qualche volta filosofare non peggio di Tolstoj e innalzarsi al livello di Plotino, senza aver sottomano nessun testo, fuorché la Bibbia. Il contadino manteneva un legame permanente con l'immensa creazione del mondo, e spirava nelle profondità del pianeta, accanto ad Abramo. Invece noi, scorso il giornale, moriamo solitari sul nostro divano angusto e superfluo. E in quel momento nessuna informazione ci serve. L'informazione diventa per noi come un paio di brache di panno estero. Un motivo per metterci in mostra, e basta. Dove va a finire tutto il nostro orizzonte, tutta la nostra capacità ricettiva quando ci togliamo i calzoni o ce li sfilano di dosso? Oppure quando portiamo il cucchiaio alla bocca. Prima di impugnare il cucchiaio, il contadino cominciava col farsi il segno della croce e con questo solo gesto riflesso si legava alla terra e al cielo, al passato e al futuro.
A. Sinjavskij, da Pensieri Improvvisi
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venerdì 18 aprile 2014
Ojos de cielo
John Constable, Salisbury Cathedral from the Meadows
Después de haber mirado mucho tiempo el cielo en tu busca,
mis ojos, que eran oscuros, se han vuelto azules.
Después de haber mirado mucho tiempo la luna, buscándote,
mis ojos se han vuelto vagos, insondables,
del color de la nostalgia.
Y ahora en mi pecho hay una lluvia continua que me hace pedir
y esperarte como un arcoiris que abraza la tierra.
Así mi corazón vaga buscando en cada esquina, en cada rostro,
al Desconocido que está a punto de llegar.
mis ojos, que eran oscuros, se han vuelto azules.
Después de haber mirado mucho tiempo la luna, buscándote,
mis ojos se han vuelto vagos, insondables,
del color de la nostalgia.
Y ahora en mi pecho hay una lluvia continua que me hace pedir
y esperarte como un arcoiris que abraza la tierra.
Así mi corazón vaga buscando en cada esquina, en cada rostro,
al Desconocido que está a punto de llegar.
Jussara M. Santos
martedì 18 marzo 2014
Che hai fatto di me?
"Dolore, Dolore, perché mi hai dato alla luce? Perché non hai schiacciato la mia testa tra due pietre, in riva all'acqua, tra due pietre innocenti, più caritatevoli delle mammelle del tuo amore?
Tu mi dici, Dolore, che sei mia madre. Ma se lo sei veramente devi sapere che inferno geme qui, madre, che inferno geme qui, in questo vecchio cuore. E' per questo che mi hai cullato nelle notti d'inverno, al chiarore dei camini, dove il tempo orfano piangeva? Dimmi, è per questo che mi hai cullato con lacrime e sogni nei tuoi tristi occhi, nei tuoi cari occhi del colore di viaggio e vento? Mi hai deposto in una culla: mi avessi gettato in una bara! Hai baciato il mio corpo dai piedini alla povera testa: perché non eri simile alle bestie dei boschi che soffocano i loro piccoli, o madre!
Sia maledetta la vostra dolcezza, o voi che mi avete partorito nel dolore! Sia maledetto il vostro ventre, maledetto il vostro seno, o voi che mi avete dato questo triste corpo, questo solitario cuore!
Eppure non sei sorella della lupa che partorisce affamata alla luce di una luna triste come un volto baciato dalla peste. Bisogna lasciare la tenerezza alle femmine dei boschi, il cui pelo sa di fame: non sei tu figlia degli uomini, o Dolore?
Madre, madre, ho perduto tutto, la mia vita è vedova, la mia lussuria piange, e io sono padre dello spavento, della follia e della morte. O Dolore, madre mia, che hai fatto di me?"
O. V. Milosz, da Miguel Moanara
giovedì 27 febbraio 2014
R.Magritte, Le journal intime
"Ecco, io sono vivo, io respiro. Qual è la sostanza della mia vita? Ed in balia di quali forze? Sotto l'impero di quali leggi? Io non mi posseggo, io sfuggo a me stesso, il senso che io ho del mio essere è simile a quello che può avere un uomo il quale, condannato a restare su un piano di continuo ondeggiante e pericolante, senta di continuo a mancargli l'appoggio, dovunque egli posi il piede. Io sono perpetuamente ansioso e neanche la mia ansietà è ben definita. Io non so se sia l'ansietà del fuggiasco inseguito alla calcagna o di chi insegue senza mai raggiungere. Forse l'una e l'altra insieme."
G. D'Annunzio
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domenica 23 febbraio 2014
Come una cieca
« Ma Éowyn rimase immobile come una figura scolpita nella roccia, con le mani strette sui fianchi, a osservarli finché svanirono nelle tenebre ai piedi del nero Dwimorberg, il Monte invasato ove si trovava il Cancello dei Morti. Quando furono scomparsi alla vista, ella si voltò, incespicando come una cieca e tornò alla sua dimora.»
J.R.R. Tolkien, da Il Signore degli anelli.
martedì 18 febbraio 2014
18.2.1564 -18.2.2014
Per fido esemplo alla mia vocazione
nel parto mi fu data la bellezza,
che d’ambo l’arti m’è lucerna e specchio.
S’altro si pensa, è falsa opinione.
Questo sol l’occhio porta a quella altezza
c’a pingere e scolpir qui m’apparecchio.
S’e’ giudizi temerari e sciocchi
al senso tiran la beltà, che muove
e porta al cielo ogni intelletto sano,
dal mortale al divin non vanno gli occhi
infermi, e fermi sempre pur là d’ove
ascender senza grazia è pensier vano.
Michelangelo Buonarroti
mercoledì 5 febbraio 2014
In prigione
Le colline e le rive del Po sono un giallo bruciato
e noi siamo saliti quassù a maturarci nel sole.
Mi racconta costei – come fosse un amico –
"Da domani abbandono Torino e non torno mai più.
Sono stanca di vivere tutta la vita in prigione".
Si respira un sentore di terra e, di là dalle piante,
a Torino, a quest’ora, lavorano tutti in prigione.
"Torno a casa dei miei dove almeno potrò stare sola
senza piangere e senza pensare alla gente che vive.
Là mi caccio un grembiale e mi sfogo in cattive risposte
ai parenti e per tutto l’inverno non esco mai più".
Nei paesi novembre è un bel mese dell’anno:
c’è le foglie colore di terra e le nebbie al mattino,
poi c’è il sole che rompe le nebbie. Lo dico tra me
e respiro l’odore di freddo che ha il sole al mattino.
"Me ne vado perché è troppo bella Torino a quest’ora:
a me piace girarci e vedere la gente
e mi tocca star chiusa finch’è tutto buio
e la sera soffrire da sola". Mi vuole vicino
come fossi un amico: quest’oggi ha saltato l’ufficio
per trovare un amico. "Ma posso star sola così?
Giorno e notte – l’ufficio – le scale – la stanza da letto –
se alla sera esco a fare due passi non so dove andare
e ritorno cattiva e al mattino non voglio più alzarmi.
Tanto bella sarebbe Torino – poterla godere –
solamente poter respirare". Le piazze e le strade
han lo stesso profumo di tiepido sole
che c’è qui tra le piante. Ritorni al paese.
Ma Torino è il più bello di tutti i paesi.
"Se trovassi un amico quest’oggi, starei sempre qui".
C. Pavese, Estate di san Martino
mercoledì 22 gennaio 2014
Traccia vuota
Kurt Schwitters, Merz ABCD (1928)
Pascal, da Pensieri
martedì 14 gennaio 2014
La bellezza del mondo
The beauty of the world, which is so soon to perish, has two edges, one of laughter, one of anguish, cutting the heart asunder.
Virginia Woolf, da Una stanza tutta per sé
martedì 7 gennaio 2014
Turchia 29/12/2013-4/1/2014
Madre di Dio col Bambino, san Salvatore in Chora, Istanbul
"Vediamo che, a causa dell'incarnazione, la materia appare come divinizzata, è vista come abitazione di Dio. Si tratta di una nuova visione del mondo e delle realtà materiali. Dio si è fatto carne e la carne è diventata realmente abitazione di Dio, la cui gloria rifulge nel volto umano di Cristo."
Benedetto XVI
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