martedì 17 agosto 2010

studiando la mostra di Flannery O ' Connor

Un'opera che aspiri, per quanto umilmente, alle sfere dell'arte, deve dare giustificazione di sé in ogni sua riga. E l'arte medesima può essere definita come un tentativo sincero di rendere il massimo grado di giustizia all'universo visibile, mettendo in luce la verità, multiforme eppure una, che nasconde ogni suo aspetto. È il tentativo di scoprire nelle sue forme, nei suoi colori, nella sua luce, nelle sue ombre, negli aspetti della materia e nelle vicende della vita, ciò che è fondamentale in loro, ciò che è durevole ed essenziale -la loro qualità che illumina e convince -la sostanziale verità della loro esistenza. L' artista perciò, come il pensatore, lo scienziato, ricerca la verità e la fa conoscere. Colpito dall'aspetto del mondo, il pensatore si sprofonda nelle idee, lo scienziato nei fatti, i quali, una volta che si è emersi da essi, mettono in luce qualità del nostro essere che meglio s'adattano a quella azzardosa impresa che è la nostra vita [...]
Per l'artista è del tutto diverso.
Di fronte al medesimo spettacolo enigmatico, l'artista rientra in se stesso, e da questa solitaria regione di tentativi e di lotta trova le parole del suo messaggio,qualora se ne mostri degno e sia fortunato. Il suo messaggio e rivolto alle nostre qualità e a quella parte della nostra natura che, nello stato di lotta della nostra esistenza, si rifugia necessariamente entro le più resistenti e dure qualità, come il corpo vulnerabile in un'armatura d'acciaio. Il suo messaggio è meno clamoroso, più profondo, meno preciso, più emotivo, e più presto dimenticato. Eppure il suo effetto dura per sempre. La mutevole saggezza delle generazioni che si susseguono scarta le idee, mette in dubbio i fatti, demolisce le teorie. Ma l'artista si rivolge a quella parte del nostro essere che non dipende dalla saggezza; a ciò che in noi è un dono e non una acquisizione, e perciò più immutabilmente dura. Egli parla alla nostra capacità di gioia e di meraviglia, al senso di mistero che circonda le nostre vite, al nostro senso di pietà, di bellezza, di dolore, al latente sentimento di comunione con tutto il creato, e alla sottile ma invisibile condizione della solidarietà che unisce assieme la solitudine di innumerevoli cuori, alla solidarietà nei sogni, nel piacere, nella tristezza, nelle aspirazioni, nelle illusioni, nella speranza, nella paura, che lega gli uomini l'uno all'altro, che lega assieme tutta l'umanità, i morti ai vivi ed i vivi a quelli che nasceranno.
J. Conrad

3 commenti:

Ser Jacques ha detto...

Grazie. Ho letto l'articolo sul Sussidiario a proposito, che pubblico ora sul mio blog. Era da tempo che volevo affrontare quest'autrice e ora il Meeting me ne da l'opportunità. Ci si vede là!

annina ha detto...

ehi!! tornato dai tuoi giri?
mi stupisce che tu nn abbia ancora affrontato Flannery, è proprio da teuna come lei! dimmi quando vieni che te la spiego io la mostra.
ciao!

Ser Jacques ha detto...

Una da me? Mi incuriosisci. Sì, ti aspetto per la mostra. Ciao!