"Dolore, Dolore, perché mi hai dato alla luce? Perché non hai schiacciato la mia testa tra due pietre, in riva all'acqua, tra due pietre innocenti, più caritatevoli delle mammelle del tuo amore?
Tu mi dici, Dolore, che sei mia madre. Ma se lo sei veramente devi sapere che inferno geme qui, madre, che inferno geme qui, in questo vecchio cuore. E' per questo che mi hai cullato nelle notti d'inverno, al chiarore dei camini, dove il tempo orfano piangeva? Dimmi, è per questo che mi hai cullato con lacrime e sogni nei tuoi tristi occhi, nei tuoi cari occhi del colore di viaggio e vento? Mi hai deposto in una culla: mi avessi gettato in una bara! Hai baciato il mio corpo dai piedini alla povera testa: perché non eri simile alle bestie dei boschi che soffocano i loro piccoli, o madre!
Sia maledetta la vostra dolcezza, o voi che mi avete partorito nel dolore! Sia maledetto il vostro ventre, maledetto il vostro seno, o voi che mi avete dato questo triste corpo, questo solitario cuore!
Eppure non sei sorella della lupa che partorisce affamata alla luce di una luna triste come un volto baciato dalla peste. Bisogna lasciare la tenerezza alle femmine dei boschi, il cui pelo sa di fame: non sei tu figlia degli uomini, o Dolore?
Madre, madre, ho perduto tutto, la mia vita è vedova, la mia lussuria piange, e io sono padre dello spavento, della follia e della morte. O Dolore, madre mia, che hai fatto di me?"
O. V. Milosz, da Miguel Moanara